Prova a rotore bloccato del motore asincrono

Serve per la determinazione delle perdite sotto carico, oltre che della corrente di avviamento (col relativo fattore di potenza). Inoltre permette di determinare i parametri longitudinali del circuito equivalente semplificato.

Viene condotta alimentando il motore con frequenza nominale e tensione ridotta (tensione di cortocircuito) così che il motore assorba la corrente nominale, infatti le perdite nel rame dipendono dalla corrente mentre la reattanza di dispersione dipende dalla frequenza.

Questa prova viene anche chiamata prova di cortocircuito a causa dell'analogia col trasformatore in corto (infatti, a rotore bloccato s = 1 e la resistenza fittizia di rotore vale zero).

Il circuito di misura consigliato è il seguente:


Tutti gli strumenti di misura impiegati devono essere per corrente alternata e frequenza pari a quella di prova, inoltre la loro classe di precisione deve essere pari a 0,5 o migliore, così che si possano trascurare gli errori sistematici strumentali e si possa tenere conto unicamente degli errori sistematici d'autoconsumo (che andranno corretti in relazione al tipo d'inserzione impiegato nella prova).

L'alimentazione del circuito di misura deve essere del tipo trifase, simmetrica con forma d'onda sinusoidale.

La regolazione del valore della tensione deve essere effettuata in modo tale da non introdurre deformazioni nella forma dell'onda. Ad esempio può essere utilizzato (come mostra lo schema) un autotrasformatore con rapporto di trasformazione variabile. E' lecito anche l'impiego di trasformatori a rapporto di trasformazione variabile, di regolatori ad induzione oppure di gruppi di generazione autonomi (motore ed alternatore) nel qual caso, oltre alla tensione, potrà essere variata anche la frequenza. Non si possono invece impiegare reostati di regolazione perché le eventuali deformazioni della corrente magnetizzante assorbita dalla macchina produrrebbero inevitabilmente delle deformazioni nelle c.d.t. sui reostati e, quindi, nella tensione applicata al circuito.

Il frequenzimetro, inserito a monte del variatore di tensione perché per un corretto funzionamento necessita di una tensione applicata sufficientemente grande, verifica che la frequenza sia quella nominale.

Il voltmetro, inserito tra due fili di linea per misurare la tensione concatenata, verifica il valore della tensione di cortocircuito.

L' amperometro serve a verificare che la corrente assorbita sia quella nominale.

I due wattmetri servono a misurare la potenza assorbita dal motore. Si osserva che sono inseriti secondo Aron, questo perché il motore funzionante a rotore bloccato costituisce un sistema equilibrato. Inoltre, siccome il f.d.p. per un motore in cortocircuito è piuttosto basso (anche se non come quello a vuoto), ci si deve attendere un'indicazione negativa dal secondo wattmetro.

Il termometro serve a misurare la temperatura degli avvolgimenti (praticamente uguale a quella ambientale se la macchina è stata a riposo per un tempo sufficiente).

L'inserzione adottata è del tipo con le voltmetriche a valle, questo perché il motore a rotore bloccato è assimilabile ad un'impedenza di piccolo valore e tale inserzione favorisce errori d'autoconsumo più contenuti (in ogni caso tali errori verranno corretti).

Se non interessano le caratteristiche di cortocircuito è possibile fare una sola prova alla frequenza nominale e con applicata quella tensione ridotta che determina l'assorbimento della corrente nominale, diversamente si faranno tante prove a partire da una corrente di circa I = 1,1·In [A] per poi arrivare a tensione applicata nulla. E' preferibile procedere riducendo le correnti al fine di favorire un migliore raffreddamento degli avvolgimenti e poter così considerare tale temperatura costante e pari a quella ambientale.

Per ciascuna delle prove si determineranno:

t [°C]

direttamente indicata dal termometro.

VCCt [V]

direttamente indicata dal voltmetro.

I [A]

direttamente indicata dall'amperometro.

dove RWV [W] la resistenza interna voltmetrica di ciascun wattmetro (supposta uguale per entrambi), RV [W]è la resistenza interna del voltmetro, [W] sono le perdite nel ferro che non si possono trascurare essendo nei motori la tensione di cortocircuito non trascurabile rispetto alla tensione nominale (a causa dell'elevata impedenza interna dovuta alla elevata reattanza di dispersione). Tali perdite sono presenti sia nello statore che nel rotore (essendo questo fermo e quindi tagliato dal campo rotante) e, considerando che la massa di ferro rotorica equivale alla massa di ferro statorica, poste pari al doppio di quelle presenti a vuoto (ricondotte alla tensione applicata secondo la nota legge di dipendenza quadratica).

avendo supposto equilibrato il comportamento del circuito.

Grazie ai valori sopra calcolati, si possono determinare le seguenti caratteristiche di cortocircuito:

a) tensione di cortocircuito in funzione della corrente assorbita:

La caratteristica ha andamento pressoché rettilineo in quanto la tensione applicata risulta essere direttamente proporzionale alla corrente assorbita VCCt = 1,732·Ze'·I . Questo purché si trascuri la presenza dei rami trasversali e si assumano costanti Re' ed Xe'. Per quanto riguarda la resistenza, essa può essere ragionevolmente ritenuta costante solo se la temperatura degli avvolgimenti non varia durante la prova. Inoltre, la significativa corrente derivata nei rami trasversali può rendere la caratteristica rilevata sensibilmente diversa da quella attesa (rettilinea) in corrispondenza dei piccoli valori di tensione applicata, per i quali l'andamento della corrente magnetizzante assorbita è avvertibilmente non lineare.

b) potenza di cortocircuito in funzione della corrente:

L'andamento è tipicamente parabolico in quanto le perdite per effetto Joule negli avvolgimenti dipendono dal quadrato della corrente.

c) fattore di potenza di cortocircuito in funzione della corrente:

L'andamento è pressoché rettilineo orizzontale, infatti se sono costanti Re' ed Xe' , sarà costante pure il fattore di potenza.

Dalle caratteristiche disegnate, in corrispondenza della frequenza e corrente nominali e della temperatura di prova t [°C] si leggono:

VCCtn [V] , PCCtn [W]

che andranno ricondotti alla temperatura convenzionale di riferimento T [°C]. Il procedimento per il caso del motore è più semplice di quello visto per il trasformatore non essendo richiesta la separazione delle perdite Ohmiche da quelle addizionali (infatti, nei motori, le perdite addizionali sono convenzionalmente calcolate come lo 0,5% della potenza elettrica assorbita). I passaggi sono i seguenti:

in quanto la reattanza di dispersione non dipende dalla temperatura. Per la resistenza si calcolerà:

Quindi diventa possibile calcolare:

Per ultimo, è possibile calcolare la corrente di avviamento a piena tensione:

Tali valori andranno confrontati con quelli forniti dalle tabelle dei costruttori al fine di valutare la bontà del comportamento a rotore bloccato del motore provato.

Osservazioni:

a) per tenere fermo il rotore, se il motore è di piccola potenza, basta tenerlo con le mani, altrimenti occorre una morsa. In ogni caso la coppia di spunto presentata dal motore in questa prova è piccola essendo ridotta la tensione applicata e dipendendo la coppia dal quadrato della tensione.

b) bisogna tenere presente che, specialmente nel caso di rotore avvolto, spostando di poco il rotore la corrente assorbita oscilla tra un massimo ed un minimo: il primo si verifica in tutte quelle posizioni in cui i denti di statore e rotore si trovano prevalentemente sfalsati (reattanza di dispersione minima), il secondo invece nelle posizioni in cui i denti di statore e rotore si trovano prevalentemente affacciati (reattanza di dispersione massima). Nell'esecuzione della prova si bloccherà il rotore in una posizione per la quale, a parità di tensione, l'assorbimento di corrente è intermedio tra i due.

c) le portate amperometriche e voltmetriche degli strumenti di misura andranno definite con riferimento ai dati di targa ed ai dati riportati sulle tabelle dei costruttori.

d) dopo le tre prove appena descritte, è possibile determinare la coppia di avviamento del motore a tensione e frequenza nominali. Infatti la potenza trasmessa agli avvolgimenti rotorici all'avviamento risulta essere:

PTAV = PAAV - PJSAV - PFES - PFER - PADSAV - PADRAV [W]

dove PAAV = 1,732·Vn·IAV·cosjCC [W] è la potenza assorbita all'avviamento, PJSAV = 3·R1·IAV2 [W] sono le perdite all'avviamento negli avvolgimenti statorici, PFES = PFER [W] sono uguali alle perdite nel ferro misurate nella prova a vuoto nell'ipotesi di avere all'avviamento uguali perdite nel ferro di statore e rotore, PADSAV = PADRAV = 0,005·PAAV [W] sono le perdite addizionali nell'ipotesi che esse all'avviamento siano uguali nel rotore e nello statore. Ricordando che tutta la potenza trasmessa all'avviamento è dissipata negli avvolgimenti rotorici (essendo nulle le perdite meccaniche e la potenza erogata) e che la coppia elettromagnetica generata dipende dalla potenza trasmessa e dalla velocità angolare del campo rotante, si ha infine:

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